Cronache Danesi ● Camminando sul fondale con Amleto e una generosa Maddalena
Nelle ultime settimane sono stata in tre luoghi che, secondo me, vale la pena di menzionare in questo blog. La vita è fatta di momenti in cui per caso ti perdi, ed altri in cui trovi delle perle, e le infili in un filo di raso e te le metti intorno al collo, e tutto quello che vuoi fare alla fine di certe giornate è correre a casa e raccontare le tue avventure a chi ti vuole bene, o a chi non ha niente di meglio da fare che leggerti.
Il primo posto si trova a pochi chilometri da dove vivo in queste settimane. Il castello di Vallø è un libro di storia danese a cielo aperto. Tutto inizia nel 13mo secolo, ma le cose si fanno più interessanti nel 1708 quando Federico IV lo compra e, così come io regalo un mazzo di fiori a chi amo, lo regala a Anne Sophie Reventlow che diventerà la sua regina.
Niente diamanti, niente carrozze, amore ti regalo un castello. Che roba, questi reali. Purtroppo la vita a volte ti lancia uno sberleffo e quando Federico muore nel 1730, la regina viene rimossa da Vallø, e viene reimpianta nel castello di Clausholm nello Jutland ovvero in una delle altre isole che compongono quel puzzle che è la Danimarca. Amore, niente più diamanti, solo un altro castello per te ora. Sorry.
Arriva un altro re, Christian VI. Arriva un’altra regina, Sofia Maddalena che ovviamente ha un nome che è tutto un programma, ed essendo misericordiosa e generosa come l’amica di Gesù, decide di donare questo pegno d’amore alla Casa delle Gentile Donne da Maritare, ovvero ad un gruppetto di zitelle nobili figlie della nobiltà danese. Dal 1738 al 1976 Vallø è un ostello ricco ed enorme ostello per fanciulle ricche e probabilmente enormi. Nel 1976 diventa una fondazione no profit. Guardate le foto – circa 4,000 ettari di parco abbracciano Vallø. Forse io un posto così l’avrei tenuto per me. E per il mio principe. Ci avrei organizzato grigliate infinite, e feste in maschera, e avrei fatto delle gare pazze sui rollerblade. Il mio nome non è Maddalena, però.
Il secondo posto si chiama Faxe, e si pronuncia come il macchinario, ormai un po’ obsoleto in un mondo virtuale, che trasmette pezzetti di carta e documenti. Faxe una volta era il letto di un mare antico. 63 milioni di anni fa qui scorrazzavano squali, coccodrilli e polipini in mezzo a coralli gentili e fragili. Come al solito, poi, è successo qualcosa. Un grande meteorite, un delirio, tutti via, tutti spariti. I resti di questi simpatici animaletti si infrangono e vanno a formare il calcare che è il terreno bianco perlaceo dove sono andata a camminare in una tiepida serata di maggio.
Anche qui, come a Stevns Klint, dicono che se hai tempo puoi incurvarti e cercare fossili: chi scrive questo blog non aveva a disposizione molte ore, pertanto denti di drago o artigli di troll di cui possa vantarmi con i lettori di questo blog. Mentre cammini in mezzo ai laghi che ancora adornano questa enorme cava, puoi scorgere gabbiani ringalluzziti dal sole, oppure danesi che nudi si lanciano a bomba nelle acque troppo cobalto per essere sane. Io però posso dire che ho camminato sul fondo di un mare.
Il terzo posto è famosissimo per un certo principe un po’ anormale che qui, in teoria, avrebbe odiato lo zio Claudio per aver simpaticamente versato del veleno nell’orecchio del padre; avrebbe amato e distrutto una noiosissima Ofelia che decide di terminare la sua inutile vita buttandosi in un rigagnolo; avrebbe passato del tempo con personaggi dai nomi a dir poco obsoleti, tipo Orazio, Yorick, Rosencrantz e Guildenstern, e avrebbe fatto finta di essere fuori di testa ripetendo domande affascinanti e un po’ ridondanti. Al castello di Kronborg, o Helsingør, oppure Elsinore, ci sono andata con un scopo solo. Immaginavo la scena: Kenneth Branagh che mi accoglie con uno dei suoi ampi sorrisi felini. Non c’era nessuno. Nemmeno quel teschio inutile di Yorick.
Voltaire diceva che l’Amleto può essere definita come l’opera di un pazzo ubriaco. Voltaire era vergognosamente geloso, certo, ma il buon William aveva … copiato. Gli Spagnoli, gli Italiani, perfino i Bizantini, e il nostro Saxo Grammaticus, passando per un paio di versioni francesi – tutti hanno attinto nel corso dei secoli ad una storia che vedeva un principe malinconico sconvolgere una corte e distruggere l’anima dell’amata. A voi importa sapere che Shakespeare non era proprio un creativo? A chi scrive questo blog non molto. Sono certa che Willy sapesse ciò che era, ma non avesse idea di ciò che sarebbe diventato, entrando nella leggenda. I pensieri di quei Rosencrantz e Ofelia, e Polonio, e Laerte ti si inchiodano dentro.
Il resto è silenzio.
che meraviglia!davvero posti splendidi,se non avevo la panza di mezzo venivo di sicuro a trovarti!le foto dei laghi sono stupende,come immagino i due castelli che hai visitato…continua a scrivere!!!