Ecuador

Galápagos

Avrei perfino camminato a testa in giù

Circa 1200 chilometri separano le isole Galápagos dall’Ecuador continentale. Sono lontane da tutto e non è possibile arrivarci in traghetto. Da Quito prendo il primo volo di circa un’ora che si ferma a Guayaquil per 45 minuti e poi prosegue per circa 2.5 ore prima di atterrare all’aeroporto di Seymour, sull’isola di Baltra. Appena atterrati, le hostess spruzzano uno spray disinfettante contro gli insetti che potremmo aver portato con noi dalla terraferma: ecco la prima azione proattiva messa in atto per proteggere la biodiversità che mi aspettano fuori dalla fusoliera.

Si aprono i portelloni e subito vedo le mie prime iguane. Se ne stanno al sole pacifiche e indisturbate, mentre noi sbarchiamo. Mentre aspetto di pagare la tassa d’ingresso (100 USD nel 2022, pagabili solo in contanti) volano sopra di me alcuni fringuelli di Darwin.  Proprio in quel momento sento ancora più profondamente che uno dei miei più grandi sogni da viaggiatrice si sta per realizzare: sono arrivata in una capsula del tempo, in un laboratorio vivente di inestimabile valore per gli scienziati di tutto il pianeta.

Si stima che il 95% delle specie che abitano queste isole sia endemico originale e allora tutto è completamente votato alle scelte ecologiche. L’aeroporto di Seymour, ad esempio, è carbon-neutral: l’edificio è alimentato esclusivamente da energia solare ed eolica e l’80% delle sue infrastrutture è realizzato con materiali riciclati dal vecchio edificio. È persino dotato di serrande meccaniche che si aprono e si chiudono in base ai livelli di calore e di CO2 dell’edificio. L’acqua dolce proviene dall’impianto di desalinizzazione dell’aeroporto, che converte l’acqua marina locale.

La più grande minaccia per il fragile ecosistema delle Galápagos è l’introduzione di specie invasive. L’Ecuador quindi ha istituito una serie di protocolli di biosicurezza per chi come me arriva in aereo: tutti i bagagli devono ad esempio passare attraverso un processo molto accurato di screening durante il quale le autorità controllano la presenza di piante, semi, e animali vivi per garantire che specie non endemiche non vengano trasportate – a volte, inavvertitamente – nelle isole. Mi viene chiesto poi di camminare attraverso una soluzione che sterilizza le suole delle scarpe.

Per me, viaggiare responsabilmente significa anche rispettare seriamente procedure di questo tipo. Ma posso ammettere con voi che avrei aderito a qualsiasi richiesta da parte delle autorità ecuadoregne per entrare in questa bolla del tempo: avrei perfino camminato a testa in giù se fosse stato un requisito per l’ingresso!

Disconnettersi per connettersi

Prima di passare al vero racconto delle meraviglie alle Galápagos, ho pensato di lasciarvi qui una serie di consigli e aspetti da valutare nel caso in cui steste pensando a un giretto in questa parte di mondo:

  • Non potete fare come volete. Non potete salire su una barca a caso, girare come vi pare e piace da un’isola all’altra. Dovete per forza prendere parte in una delle crociere (sì, vengono definite così) che vengono organizzate da molteplici agenzie che troverete una volta arrivati o sull’Isola di Baltra (dove sono arrivata io), oppure all’aeroporto di San Cristobal. Questo tipo di organizzazione è una procedura obbligatoria che permette all’umanità che arriva alle Galápagos di non distruggere questo delicato ecosistema. Fatevene una ragione.
  • Durante tutta la crociera, i cellulari non funzionano, MAI, ci tengo a sottolinearlo. Non c’è il Wi-Fi a bordo. Comunicatelo a chi vi aspetta a casa, se necessario. Siete in mezzo al nulla. Si dice che qui ci si disconnetta per connettersi. Connettersi con sé stessi, con la natura, con un presente in cui i ritmi biologici sembrano riemergere velocemente. Se siete dipendenti da Instagram, Facebook, Tiktok o altro, andate altrove. Il rumore del mondo qui non può arrivare. Lontani dall’essere costantemente online, vi ricorderete o, a seconda di quanto giovani siete, imparerete per la prima volta che è ancora possibile passare le serate a giocare a carte, a leggere, o semplicemente a starsene seduti in silenzio a guardare un orizzonte che qui non ha mai fine o a meravigliarsi ogni volta che le fregate sorvolano la barca e vi accompagnano per molti chilometri.

  • Le crociere – guidate da biologi certificati – possono durare anche una settimana e potrebbero costare di più di quello che spendereste in una ventina di giorni passati nella parte continentale dell’Ecuador. Se dovete/volete spendere poco, andate altrove.
  • Le crociere non seguono tutte sempre la stessa rotta. Per garantire che non troppa umanità e non troppe imbarcazioni si affollino tutte sulla stessa isola e quindi disturbino (o peggio, danneggino) gli animali e le piante che la popolano, ogni crociera seguirà un itinerario a sé, deciso dall’equipaggio e dai biologi che vi accompagneranno in questa avventura. Non impuntatevi quindi nel voler per forza vedere quest’isola o quell’altra. Qui contate come il due di picche. Se avete la mania del controllo, andate altrove.
  • Non potete decidere nemmeno cosa cucinare né quando mangiare. I pasti sulle barche hanno un calendario molto regolare: colazione alle 7, pranzo alle 12, cena alle 19. Il cibo che avrete la fortuna di assaggiare sarà incredibile e vario, con opzioni vegetariane praticamente ogni giorno, o per lo meno così è stato per me. Non siete uno chef stellato. Rilassatevi e godete di tutto quello che l’equipaggio preparerà per voi.
  • Quando vedrete le iguane, i leoni marini, per non parlare delle tartarughe e dei pinguini, ma anche quando gli squali bianchi verranno a girovagare intorno alla vostra imbarcazione (soprattutto di notte), non urlate, non usate i flash, e soprattutto non avvicinatevi né toccate gli animali. Sembra un consiglio scontato, vero? Eppure, credetemi: nella mia avventura c’è stato un gran bisogno di ricordare più e più volte questa necessità.
  • Le barche su cui passerete anche una settimana sono – in generale – piuttosto piccole. Per farvi un esempio io sono alta 1,80m. Tra la cima del mio cranio e il soffitto della cabina – che ho volentieri condiviso con una delle migliori amiche di viaggio che una possa avere – c’erano pochissimi centimetri. La cabina era composta da due letti a castello: io ho dormito al piano superiore. Tra il mio viso e il soffitto, anche qui, c’erano davvero pochissimi centimetri. Avevamo anche un bagno: includeva un gabinetto, un microscopico lavandino, e una doccia anch’essa di dimensioni ridotte. Se soffrite di claustrofobia, andate altrove. Se viaggiate con qualcuno con cui non andate d’accordo, a parte essere pazzi, fatevi un esame di coscienza prima di partire. Potrebbe finire malissimo.

  • Le Galápagos sono in mezzo all’Oceano Pacifico. Peccato che questa distesa d’acqua sia spesso tutto tranne che serena. La prima sera, dopo aver cenato in una zona tranquilla, abbiamo subito preso il largo e abbiamo navigato tutta la notte. Durante la prima mezzora in cabina ho pensato di aver fatto un enorme errore di calcolo: ballava tutto, stomaco, testa, gambe, mettiamola così. Poi, però, mi sono coricata ed è successo un miracolo: da quella notte in poi, la nausea è passata e io ho sempre dormito. Voi direte: “Va beh, ma quindi, chi se ne frega”. No, dovete sapere che io non dormo né molto né bene, ma in mezzo alle onde più aggressive, io ho dormito tanto e bene e profondamente. Coricatevi quando sarete in cabina. Tenetevi stretti ai bordi delle barche quando navigherete in mezzo a questo paradiso quasi del tutto disabitato. Non fate gli eroi. Non siete Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento né tanto meno Ahab.

  • In alcune isole, la barca può avvicinarsi alla costa. In altri casi, invece, dovrete salire su un gommone (o nelle crociere più ricche, su una piccola imbarcazione). La guida naturalistica, comunque, ogni sera vi comunicherà il programma per il giorno dopo e vi informerà del tipo di sbarco che vi aspetta. Vi parlerà di dry landing (atterraggio asciutto) quando potreste usare calze e scarpe senza preoccuparvi di bagnarli. Se invece sentirete i termini wet landing (atterraggio bagnato), significa che o potrete buttarvi senza scarpe in acqua (per me non è mai salita sopra al ginocchio), oppure potreste voler indossare sandali o calzature impermeabili. Ascoltate la guida. Ne sa esponenzialmente più di voi di questo ecosistema.
 Cuenca e il Parco Nazionale El Cajas   Galápagos: la fine e l’inizio del mondo 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Nome*
Email*

 Per favore tieni presente che i commenti sono moderati secondo la nostra Privacy Policy.

Non puoi copiare il contenuto di questa pagina
You cannot copy content of this page