Le Sud: barche e cimiteri
Coriandre, Piki Mongué, Lil Dracula of the Waters, Saint-Amour, Xanadu
La mia casa era vicina ad un piccolo porticciolo e proprio quelle imbarcazioni sono state la mia prima immagine di Beaucaire: al mio arrivo nel tardo pomeriggio, il sole le accarezzava mentre il vento faceva giocare i vari tricolori appesi all’inizio del porto. Nel corso delle settimane a venire, alla fine delle giornate lavorative o in pausa pranzo, sarei tornata spesso lungo il Canale à Sète: lungo questo braccio dormiente del Rodano, sarei venuta a camminare, a fare due passi, a guardare dentro alle barche; avrei scoperto che alcune di esse erano abitazioni permanenti e mi sarei appuntata il loro nome perché mi facevano ridere: Coriandre, Piki Mongué, Lil Dracula of the Waters, Xanadu.
Da una parte, il porticciolo finiva con una bretella di accesso al ponte stradale. Una volta, al suo posto, c’era una chiusa costruita all’inizio dell’Ottocento, che aveva permesso proprio la messa in servizio del Canale à Sète. Lungo la bretella, a differenza dei mezzi che si vedevano nella parte vicina a casa mia, dormiva tranquilla una serie di barche che a me sono sembrate ricostruzioni storiche di antichi vascelli: anche queste avevano nomi davvero particolari, come Saint-Amour e Nescio, colori sgargianti ed alcune arrivavano a misurare anche 20 metri. In un passato che non esisteva ormai più, erano usate per la pesca in acque poco profonde.
Nelle mie camminate lungo le acque dormienti di questa bretella, ho continuato a non incontrare nessuno a cui chiedere perché ci fossero questi vascelli vagabondi abbandonati in ogni dove. La mia unica chance di sapere di più di queste barche è stata – ovviamente – buttata al vento una delle mie ultime sere a Beaucaire: al tramonto, su una di queste strane chiatte, ho intravisto un uomo in tuta da lavoro. Con impeto eroico, e senza ragionare sul fatto che avremmo potuto non avere alcuna lingua in comune, mi sono sbracciata e mi ha notata. Questo il nostro dialogo, a dir poco lapidario:
- Bonsoir, que voulez-vous?
- Bonsoir ….
- Bonsoir, que voulez-vous?
- Bonsoir … Pourquoi des bateaux?
- Pourquoi pas?
Fine. Sipario.
Todo cambia
Oltre a mangiare, a camminare distanze apocalittiche, a prendere mezzi pubblici il più frequentemente possibile, e a fare figuracce in molteplici lingue, quando viaggio – se il tempo me lo permette – cerco sempre di andare al cimitero. Ne ricordo tanti in giro per il mondo: quello di Koyasan in Giappone alla fine del 2019, quelli danesi, quello di Staglieno a Genova.
Penso che i cimiteri siano uno degli specchi in cui si riflettono le connotazioni e le differenze sociali, ma permettono pure – col tempo – di accettare che la morte fa parte della vita. Sono anche un non-luogo dove è possibile dare una sorta di ordine al dolore della perdita: in fondo per arrivarci dobbiamo percorrere una strada, sostare in preghiera, cambiare l’acqua dei fiori e metterne di nuova dentro al vaso.
Ecco, proprio la questione dell’acqua e dei fiori, a Beaucaire (e poi in un paio di altri cimiteri nel sud della Francia) era strana. Ora vi spiego: nel camposanto di Beaucaire non ci sono colombaie e tutte le tombe sono pressoché simili tra di loro, color sabbia chiara e hanno tutte un che di antico. E fin qui tutto normale, direi.
Ma dai primi passi che faccio lì dentro, vedo dei cerchi in ferro, belli dritti su praticamente ogni tomba, simili a dei piedistalli arrugginiti dalle piogge, e lì per lì non riesco ad immaginare che cosa possano essere. Avrò poca fantasia (o poca intelligenza), direte voi cari lettori. Probabile.
Poi, nella parte centrale del cimitero finalmente capisco: invece di avere fiori veri o finti, ogni defunto riceve un bouquet di ceramica, un couronne de fleurs in porcellana. Alcuni vengono appoggiati direttamente sulla lapide a terra, mentre altri vengono montati su quei piedistalli rotondi in ferro. Cadendo a causa del vento che qui soffia forte lasciano dietro di sé quegli scheletri arrugginiti. Quello che doveva essere un souvenir dalla vita illimitata, modellato per resistere al gelo, alle alte temperature e alla variazioni atmosferiche, non è affatto immortale. Todo cambia.
Le prossime storie
Da qui in poi, cari lettori, cominciano storie individuali dedicate alle destinazioni che più mi sono rimaste dentro nei miei 31 giorni francesi. Siete ancora con me?
Vivere in un luogo è diverso dal “visitarlo”. Luoghi e persone assumono un diverso significato perchè vengono cercati.
Hai ragione, cara Maria. Vivere per un mese in un luogo ti dona una visione molto più ampia del semplice visitarlo.