Lei ● Utopia
Provo un’immensa tenerezza, dolce amara, che arriva a ondate trasversali, ogni volta che penso a Lei. A casa sua c’è sempre qualcuno che maledice tutto e tutti. Ha dei figli anoressici ed una serie pressoché infinita di padroni di casa bulimici che a volte ha scelto lei stessa. Conosce quegli ospedali dove i sorrisi non sono più un’opzione: li conosce perché le ha provate tutte, davvero, per poter star meglio e guarire. Le hanno detto: “Prova la Germania, prova gli Stati Uniti. Lo sai, lì da loro la ricerca scientifica riceve ancora fondi, e ha fatto passi da giganti. Vedrai che ti curano”.
E’ salita stanca, indossando i suoi abiti più belli, su milioni di aerei ed è andata di qua e di là, accompagnata, sempre, da compagni che avevano in testa solamente il ricordo di un’estate al mare. Non ha risolto niente, in questi suoi peregrinaggi. Ad aspettarla al suo ritorno un uomo vestito di bianco. Con una croce appesa al collo, e un’infinita serie di bambini spaventati nel sottoscala. A volte, quando vado a trovarla mi sembra di sentirne le urla, ma poi come tutti mi dico che dev’essere stato il vento. Ogni volta, tenta di spostarlo dall’uscio, quel grassone, ma non ci riesce e allora lo lascia lì in mezzo al corridoio. Quando ci incontriamo, Lei non me lo dice ma lo so che ha dolori ovunque: ha i piedi cotti da anni di scarpe bucate; ha le spalle storte, e le anche fragili. Nel suo giardino si sentono urla in continuazione. “Litigano, ma poi vanno a bere all’osteria insieme. E’ quello che non capisco”, mi dice. Neanche io riesco a trovarci un senso, ma tant’è. Sembrerebbe la fine, no?
No, non è la fine. Lei vivrà. Come, non lo so, ma vivrà. La gente smetterà un giorno di abbandonarla per altre donne più svelte e accattivanti. Non avrà più bisogno di starsene dentro al polmone d’acciaio che le hanno costruito attorno. I suoi padroni di casa saranno finalmente allontanati ed i rumorosi vicini si trasferiranno altrove, a gridare e a brindare tutti insieme, senza vergogna.
Continueranno a venirla a trovare quelli che l’hanno sempre adorata per la delicatezza dei suoi gesti, l’eleganza dei libri che ha scritto nel tempo, e la cura che ha impresso nelle sue opere d’arte. Un giorno ricomincerà a esporre quei quadri immensi che tiene nascosti in cantina. I suoi figli smetteranno di vergognarsi di Lei e ne apprezzeranno la genuinità del sorriso, e rideranno con lei sotto un cielo che sarà di nuovo sempre più blu. Lei ricomincerà ad ascoltare Gaber su un grammofono vecchio, e riscoprirà la grandezza del teatro che sale come un aquilone davanti ai giardinetti pubblici.
Smetterà di fumare, e non giocherà mai più d’azzardo. Si stupirà davanti al mare, che sarà finalmente pulito. Si prenderà un gelato enorme nella sua piazza preferita sotto la statua di Garibaldi e di quegli altri eroi gloriosi. Quando si sentirà più forte, riuscirà a dare una sberla a quell’uomo grassoccio che occupa il suo corridoio. Non riuscirà a spostarlo, lui è lì da troppo tempo, ma riuscirà almeno a farlo dimagrire. Non avrà più bisogno di medici o di tecnici, e passerà un po’ di tempo al parco a vedere i vecchi che giocano a bocce. Il suo amore tornerà da una guerra che avevano descritto come una missione di pace. Quando lo vedrà senza un braccio, non avrà più senso chiedersi se era guerra o guerra. Si abbracceranno in un aeroporto pieno di viaggiatori. Il resto non avrà più importanza.
Lei, Italia, tornerà a vivere.
Ho di nuovo aperto il tuo blog ed ho letto: Lei-Utopia. Devo confessarti che sono dovuta arrivare in fondo per capire il soggetto! Però, effettivamente, è così! Che onore poi avere anche una foto scattata quando sei stata in vacanza in Cadore! Wonderful!!!
Bellissimo quello che scrivi e soprattutto invidiabile la poesia che sei capace di vivere e vedere. Anche le foto (le hai fatte tu?) – molto suggestive!