Los Angeles o Light Angels?
Los Angeles é terrificante e meravigliosa allo stesso tempo.
Di notte, dal Griffith Observatory, le stelle sono vicine: il cielo é lì, arrampicati sulla scritta “Hollywood”, raddrizza la schiena e allunga la mano. Le puoi accarezzare, le stelle, a Los Angeles. Se aspetti abbastanza a lungo, vedrai che ne cadrà una prima o poi. Vedrai che il sogno diverrà realtà.
La forza di gravità scompare a Los Angeles. Allo Zephir Skate Park (video IMG_1809), non si tengono i piedi per terra per essere felici. Salta su quello skate e impara a volare: lento, da principio, molli i movimenti, e poi sempre più svelto, scivolando lungo le onde di questa parte di Venice. Los Angeles é ritmo ipnotico: le traiettorie di chi cerca la curva perfetta, col calare della sera, diventano un mantra impossibile da interrompere.
A Los Angeles, vendono saponette a forma di gelati e gelati a forma di celebrità, e magliette che si trasformano in zainetti e zainetti che diventano marsupi, e spremute alla papaya che possono essere utilizzate anche come maschere di bellezza. Qui tutto deve per forza avere un doppio utilizzo, opposto o simile, basta che sia immediato, perché il tempo a Los Angeles é denaro. Perché a Los Angeles il tempo non esiste e chi non vorrebbe possedere ciò che non si può toccare?
Non esistono le nuvole qui. Qualcuno mi ha detto che ci sono 300 giorni di sole all’anno a Los Angeles. Il cielo é costantemente terso perché, ne sono certa, se ne compare una all’orizzonte, qualcuno sale sulla scritta “Hollywood”, saluta quelli che se ne stanno lì seduti ad attendere la caduta dell’ultimo sogno, e le allontana, le caccia via. Niente nubi: niente imperfezioni.
Esisteva un Museo delle Relazioni Finite a Los Angeles.
Non era l’unico al mondo (https://brokenships.com), ma sembrava più appropriato qui che altrove: per me, la serie di oggetti esposta tra quei muri bianchi, a pochi passi dal tempio di Scientology che sembra più un parcheggio multi-piano che un luogo spirituale, a due minuti dalle stelle di Frank Sinatra e di David Bowie, era la rappresentazione del senso di straniamento che segue la fine di un amore e che pervade costantemente l’anima a Los Angeles, per sempre in bilico tra superficialità e profondità, tra luce e ombra, tra sollievo terapeutico e esibizionismo puro, tra possibilità e catarsi, e tra creazione artistica e trasformazione perenne.
Avevo visto (da fuori) il museo delle storie finite di Zagabria, bell’articolo Vane, come sempre, complimenti!
Grazie mille per l’incoraggiamento, Anna. Sono sempre felice quando un viaggiatore (come te) mi scrive che i miei articoli sono interessanti. Un grande abbraccio and .. happy road!