Vado nel Somerset – Bristol (o “L’ossessione per quelle cose sul muro”)
A Bristol, arrivo molto presto. Troppo, forse. Me ne rendo conto quando suono alla porta del B&B dove avevo prenotato le mie ultime due notti nel Somerset. Ding-dong. Rumore dall’oltretomba. Apre la porta un signore che deve avere, come minimo, 170 anni. Dovremmo leggerli, certi presagi. Nel B&B è tutto a dir poco vecchio: la mia stanza, la moquette, i mobili, il cane, la mia doccia, il soffitto, le tende e il divano. Non solo: i giornali che trovo nel salotto (vecchio pure questo) sono del 2001. Mi aspetto che la TV trasmetta programmi risalenti al 1999, ma la tv non funziona. Nei giorni a venire, l’anziano farà riferimento più volte ad un figlio, gestore della struttura, che non comparirà mai. E mi consiglierà di andare a cena in un ristorante che ha chiuso cinque anni prima. Nel B&B non passo molto tempo.
A Bristol, la cosa che m’interessa di più vedere e documentare sono “quelle cose sul muro”. A seconda di chi ne parla, quelle cose sono definite graffiti, street art, scarabocchi, schifezze, arte, vandalismo, ribellione, rivoluzione, libertà d’espressione, stencil. La lista potrebbe proseguire a lungo.
Questi scoppi di colore e calore sui muri, ma anche sui treni, sono ovunque nel mondo: in Siberia, a Sarajevo, a Sydney, in Armenia. E’ questo carattere universale, umanistico in un certo senso, ad avermi sempre spinta a documentarli e cercarli durante i miei viaggi.
Inoltre, questi scarabocchi ricordano a chi passa o qualcosa che non si vuole rievocare, o qualcosa che vale la pena di tenere a mente. Sono paragonabili a crepe: attraverso di esse, emergono le bruttezze o le bellezze, la poesia o l’orrore. Scatenano risate. E pensieri. Forzano spesso il fruitore a focalizzarsi sul fatto che il mondo che ci circonda è orribile. O splendido.
A Bristol, in teoria, è nato Banksy. Sono stati scritti manuali interi su di lui. Per me, i suoi lavori sono magnetici. Li ho cercati in Palestina, a Londra, a New York e ora a Bristol. Purtroppo, molti di essi sono stati cancellati sia volontariamente che per errore prima che venissero considerati – come dire – lucrativi. Un esempio su tutti è rappresentato dal “Gorilla con la maschera rosa” nell’Eastville, sul muro del North Bristol Social Club, un centro culturale islamico, coperto per sbaglio da un operaio comunale incaricato di ridipingere alcune zone della città.
Le autorità hanno avuto nel tempo atteggiamenti molto ruffiani nei confronti di quelle “cose sui muri”. Li hanno spesso etichettati come “atti vandalici”, fino a quando non sono diventati arte che vendeva nelle gallerie a prezzi spropositati.
Finisce con me che guardo i muri quindi, col naso all’insù, il mio piccolo viaggio nel Somerset. I muri. L’arma più grande con cui si possa colpire qualcuno.